Che Saga potesse avere un ottimo seguito, era prevedibile vista la presenza di Brian K. Vaughan. Dopo aver letto i primi numeri, era anche possibile prevedere che sarebbe subito stato sulla bocca di tutti. Abbastanza difficile invece era fare previsioni su quanto l’interesse verso questa serie sarebbe durato: fenomeno passeggero o reale interesse della comunità? La risposta ce la forniscono ancora una volta Vaughan e Fiona Staples in questo quarto volume di Saga.

A mio avviso il fattore fondamentale che contribuisce al piacere di leggere Saga è racchiuso nella capacità di rinnovarsi che possiede questa storia. Fino ad ora, niente è stato mantenuto immutabile nel corso della narrazione (tranne l’elevata qualità del prodotto), ma soprattutto ogni equilibrio presentato viene poi sconvolto nell’arco di pochi capitoli: andando a rileggere il primo volume, ci ritroviamo con gli stessi personaggi di sempre, qualcuno è venuto meno nel corso del tempo, ma indubbiamente ne conosciamo ogni sfaccettatura del carattere e della personalità, senza dimenticare quanto eterogenei siano stati gli eventi narrati finora.
Saga mantiene tutti i canoni stilistici di sempre, parlandoci della nostra società e del nostro modo di pensare alla società con una forza narrativa e una originalità davvero incredibili. Un punto di vista viene sempre analizzato, approfondito, mai preso come “normale” e ribaltato nel suo esatto opposto, ricreando un senso di “familiare straniamento” (concedetemi l’espressione), una sensazione al tempo stesso che ci fa pensare “ehi, questa cosa mi ricorda la mia vita”, ma al tempo stesso è la negazione di questo pensiero perché portata in un contesto impensabile nella realtà.

Il quarto volume di Saga ribalta una situazione data ormai come stabile e definitiva, modificando lo status quo del rapporto tra Marko e Alana, introduce quel pizzico di follia nel personaggio di Principe Robot IV che potrebbe davvero sfociare in qualcosa di esplosivo, ci presenta un nuovo personaggio (che incarna una nuova tematica all’interno della storia) e infine continua ad esplorare il mondo dei mass media in modo crudo e con un occhio disilluso e critico allo stesso tempo.
Più si va avanti e più chiaro diventa il ruolo fondamentale svolto dai mezzi di comunicazione, quanto sia difficile sottrarsi al loro occhio implacabile ma quanto vano e vuoto possa essere il loro pubblico, assuefatto non più alla visione bensì al giudizio da riversarvi contro. Allo stesso tempo però è il momento di cambiare rotta fortemente, dopo un periodo di staticità: ecco che la narrazione si rimette in moto, trova nuova linfa per proseguire e, come ormai Vaughan ci ha abituati, lo fa nel modo più impensabile possibile.

Va sempre tenuto bene a mente però che Saga è sia una storia d’amore che si evolve e muta nel corso del tempo (narrativo e metanarrativo), sia la storia di una bambina speciale costretta a crescere in un mondo ancora indeciso sul cosa farne di lei. Assistiamo quindi alla prima “crisi” interna della coppia Marko - Alana, vediamo come i due sono sì innamorati ma che amore vuol dire anche trovare i propri spazi all’interno della vita frenetica di tutti i giorni, scopriamo quanto sia difficile mantenere quel piccolo spazio sicuro entro il quale nulla dovrebbe intromettersi e niente può frapporsi (tutto racchiuso nella vignetta dello “skish” tra la felice famigliola, che si oppone alla didascalia che vi campeggia sopra minacciosa). Resta però il problema di come difendere quello spazio e di quali mezzi si è pronti ad usare pur di difenderlo: se Alana sbaglia, anche Marko lo fa, se la piccola Hazel deve crescere serena, è necessario che anche la sua famiglia faccia altrettanto.

Dal punto di vista grafico va detto che la Staples gode di una fervida immaginazione ed è in grado di stupire ogni volta per ciò che realizza (ovviamente anche col supporto di Vaughan), adottando non solo soluzioni stilistiche interessanti e spettacolari allo stesso tempo, ma popolando le pagine di questa storia “cosmica” di razze aliene e forme di vita quanto mai bizzarre (ultima tra le tante è Yuma, non nego di averci messo un bel po’ a capire come faccia a camminare). Un altro plauso va fatto alla Bao Publishing per la solita cura editoriale profusa nel prodotto, dove una tavola in cui Alana era circondata da una scritta inglese, è stata trasformata con l’equivalente italiano (apro una piccola parentesi nei confronti di quelli che si sono lamentati del fatto che la tavola non sia stata lasciata in originale: dal momento che viene tradotto tutto, che senso avrebbe avuto lasciare in inglese solo quella pagina? Il senso di distacco dato dalla traduzione è comunque sempre presente, quindi non lamentiamoci anche quando non ce n’è bisogno).

 

Con questa recensione direi che è tutto, il prossimo volume di Saga sicuramente non mancherà di sorprenderci e appassionarci, quindi non perdetevelo. Noi ci rileggiamo alla prossima recensione.

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Cover variant di Massimo Carnevale

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