Mentre sul web (e soprattutto sui social) rimbalzavano le immagini di gente che si ritraeva con la copertina di Orfani #10, io ero molto titubante sull’acquisto. E questa recensione arriva un po’ “in ritardo” proprio perché negli ultimi mesi il fumetto aveva preso una china che assolutamente non mi piaceva. Eppure un miglioramento in questo volume c’è stato.

Cominciamo col tirare fuori le (solite?) cose negative, perché mi rendo conto che davvero questo fumetto andava pensato ed organizzato meglio. Per prima cosa la parte ambientata nel passato degli Orfani è diventata ormai pesante e rallenta troppo la lettura. Parliamoci chiaro: quello che di buono accade nel fumetto, fin dai primi numeri, lo troviamo praticamente solo nella parte ambientata nel presente. Spero davvero che la seconda stagione del fumetto esca da questo modus operandi, perché ormai non se ne può più. Altro aspetto che mi fa storcere il naso (e non poco: diciamo che fa il giro della testa, per rendere l’idea) è la mancata caratterizzazione dei personaggi – e chi mi segue, sa quanto sia importante per me questo aspetto – fatta eccezione per Ringo. I protagonisti di Orfani sono impalpabili come gli spettri che combattevano: alcuni si sono evoluti in modi bizzarri ed inspiegabili, altri sono così piatti come le pagine su cui sono disegnati (e voi non potete capire quanto odio il Boyscout, personaggio scialbo come pochi nella storia del fumetto).

Fortunatamente però questo volume ci presenta una scelta difficile per il lettore: la consapevolezza che nessuno è protagonista, tutto è mutabile e potrebbe anche capitare che uno dei personaggi più amati venga ucciso. È il caso della Mocciosa: inizialmente ho amato questo personaggio perché incarnava la deviazione mentale che può raggiungere una mente troppo giovane per poter affrontare una guerra. Non che gli altri Orfani stiano tanto a posto di cervello (Angelo ne è la prova), però indubbiamente lei aveva un certo fascino schizofrenico che è stato però troppo amplificato – ma va?! – e ha portato a rendermi antipatica anche lei. Per fortuna però sembra che questa cosa fosse maggiormente voluta da RRobe e infatti lo scontro tra lei e il Pistolero poteva finire solo in un modo: la morte di Sam. Malgrado fosse una morte telefonata, perché altrimenti la trama non avrebbe davvero avuto modo di andare avanti, il percorso di Sam è forse l’unico (alla luce di questo evento) ad avere avuto la sua coerenza. Una vita così violenta ti consuma non solo l’anima, smetti di credere a tutto quello che ti circonda e porti avanti un ideale senza neanche esserne davvero consapevole o partecipe: più uccidi e più sei assetata di sangue, perdendo completamente di vista il fatto che uno scopo ti renderebbe più forte.

Lo scopo. Questo fa di Ringo il mio personaggio preferito e l’unico che realmente brilla all’interno della narrazione: tutti gli altri personaggi aleggiano vacui nelle vignette, senza avere un cardine attorno al quale far girare le proprie vite; il Pistolero è l’unico che ce l’ha e ha trovato la forza di cambiare, alla luce dei fatti messi in scena dallo scrittore del fumetto. Ringo ormai ha vita propria, sembra tirarsi fuori autonomamente dal marasma di citazioni, avvenimenti imprevedibili (ma non originali, badate bene) e ovvietà. Parlando di cose ovvie (ma non troppo) gli elogi per Matteo Cremona, disegnatore di questo decimo volume, sono d’obbligo. Il suo apporto alla storia è importante e si fa vedere in modo consistente: eccellente la dinamicità dei suoi personaggi, che si lanciano in acrobazie e combattimenti che non sfidano la fisica e la biologia del corpo umano, tutto è reso in maniera credibile e fluida, sono ben studiati gli spazi e l’equilibrio tra le forme. Anche l’espressività dei volti mi ha convinto parecchio. Diciamo quindi che è forse merito suo se la prima parte di questo volume, quella sul passato degli Orfani, funziona sotto l’aspetto dell’azione. Anche per questa recensione è tutto, sperando che il prossimo numero tenga almeno questo livello e che il finale di stagione (ormai imminente) ci riservi qualcosa di buono. E ci rileggiamo alla prossima recensione.

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