Fino a questo momento il Marvel Now convince solo a metà. Non che segua tutte le testate in circolazione (sono davvero troppe), ma, per quello che ho letto fino a questo momento, gli spunti di maggior interesse arrivano dalle serie più inaspettate. Avengers Arena (Hopeless/Walker), ad esempio, sembra essere di gran lunga più originale e promettente della serie principale proposta sulla testata Incredibili Avengers; così come, sembra stia ottenendo un inaspettato successo la serie sceneggiata da Simon Spurrier (X-Men Legacy), attualmente pubblicata sul mensile I Nuovissimi X-Men. Insomma, serie di secondo piano, affiancate a serie più blasonate, che finiscono per essere prodotti migliori rispetto a quelli che danno il nome alla testata stessa. Un bene o un male? Il tempo lo dirà.

Tuttavia, c’è una testata alla quale questa regola non può dirsi certo applicabile. Sto parlando naturalmente di Devil e i Cavalieri Marvel; senza ombra di dubbio la migliore serie regolare attualmente proposta dalla Panini in Italia. La migliore non soltanto perché contiene al suo interno lo splendido e strapremiato Daredevil di Waid/Samnee, ma anche perché affianca alla predetta serie altre interessanti proposte editoriali. Come già ripetuto più volte in questa rubrica (ma è necessario ribadirlo per chi si fosse accostato a questa solo ora), il Daredevil di Mark Waid e Chris Samnee propone un arco narrativo principalmente incentrato sugli aspetti psicologici del vigilante di Hell’s Kitchen, nel quale troviamo un Devil assai diverso rispetto alle precedenti apparizioni che hanno caratterizzato l’evoluzione di questo personaggio. A seguire, la miniserie Punisher War Zone di Rucka/Di Giandomenico (cover a cura di Marco Checchetto) che vede il nostro Frank Castle impegnato in una lotta senza esclusione di colpi nientemeno che contro gli Avengers. Oltre queste due belle proposte, Panini ci offre l’indecifrabile Thunderbolts di Way e Dillon, del quale parlerò più approfonditamente nella parte finale di questa recensione.

Nella tana di Coyote da Daredevil #20  

Una serie di curiosi e inquietanti avvenimenti occorsi a Matt negli ultimi episodi avevano fatto credere a molti che la mente di quest’ultimo iniziasse a perdere colpi. D’altro canto, quando sei Matt Murdock/Daredevil e ti succede ciò che è accaduto a lui negli ultimi anni, non puoi pensare davvero di non subire contraccolpi psicologici. Un ragionamento che tutti i lettori del Cornetto hanno fatto più volte nel corso di questi ultimi capitoli di Daredevil; e che, evidentemente, ha fatto anche l’amico di sempre Foggy Nelson quando ha rinvenuto, all’interno dello studio di Matt, le ossa del padre di quest’ultimo.

Tuttavia, la follia che sembrava aver preso il sopravvento su Matt negli ultimi episodi è in realtà solo il riflesso di un piano orchestrato dal Coyote; un nuovo nemico di Devil che sembra tanto ricordare la Macchia, altra vecchia conoscenza del vigilante rosso. Il Coyote ha utilizzato i suoi poteri di teletrasporto per confondere la vita di Matt, fino a farlo dubitare della propria sanità mentale; tutto ciò, in modo da poter serenamente avviare il proprio losco, quanto agghiacciante, giro d’affari. L’episodio è proprio un viaggio attraverso le inquietanti macchinazioni di questo villain che porterà Matt a prendere nuovamente coscienza di sé e della sua ritrovata sicurezza.   

Il tratto spesso e deciso di Samnee evidenzia la durezza delle immagini proposte da Waid. Scene tinte di un macabro orrore che ricordano a tratti il genere di denuncia sociale fortemente presente in fumetti targati Vertigo. Il tutto sapientemente completato dalle indovinate scelte cromatiche ad opera del bravo Javier Rodriguez. Ciò che ne esce è un Devil brillante e sicuro di sé stesso, l’eroe dai saldi principi morali che i vecchi fan ricordano con affetto e profondo rispetto. Sia chiaro, nessuno intende rinnegare l’ottimo Daredevil a tinte dark di Bendis o di Brubaker, ma anzi si vuole sottolineare come, anche cambiando le atmosfere, Devil rimanga comunque un personaggio carico di sfaccettature e pieno di appeal.

Punisher War Zone #3

Buone notizie anche dal terzo episodio (su 5 totali) della miniserie Punisher War Zone. La coppia Rucka/Di Giandomenico continua ad impressionare in positivo con una storia apparentemente scontata, ma che non sfocia mai nella banalità. Il sergente dei Marine Cole Alves sta per essere condannata a morte; e i Vendicatori, convinti che la donna si stia addossando colpe del Punitore, decidono di intervenire per porre fine alle sconsiderate azioni di Frank Castle. Tocca a Thor, questa volta, tentare di convincere – con le buone o con le cattive – il vecchio Frank che la sua guerra è terminata. Ma sarà davvero così semplice placare la sete di sangue del Punitore?

Come detto, una trama di questo tipo poteva facilmente scadere nel solito confuso scontro fine a sé stesso. In realtà l’abilità di Rucka sta proprio nel riuscire a raccontare una storia mai scontata che, di volta in volta, ci mostra lo stato d’animo di Castle attraverso gli occhi del suo avversario di turno. Prima Spider man, poi la Vedova Nera e oggi Thor. Tutti decisi a mettere un punto definitivo alla striscia di sangue che si lascia dietro il Punitore; ma allo stesso tempo colpiti – se non addirittura intimiditi - dalle motivazioni e dallo spirito che muove le azioni di quest’ultimo. Thor, un po’ come i primi due, sembra provare rispetto nei confronti di questa controversa figura; ed è sorprendente la direzione che assume il dialogo tra i due personaggi.

Continuo ad apprezzare anche i disegni di Carmine Di Giandomenico e la distinguibilità del suo stile. In particolare, tra tutte, ho trovato molto interessante una sequenza nella quale Castle spara in direzione di Thor con un lanciamissili, per poi restare un attimo a guardarlo con una inaspettata calma serafica. Anche i primi piani e gli sguardi tra i due avversari risultano intensi e carichi di emozione; esattamente il tipo di rappresentazione grafica che una storia di questo tipo richiede. Infine, non ho potuto fare a meno di notare una evidente attitudine di Di Giandomenico a ritrarre scene di guerra, compresi mezzi militari, esplosioni e soldati. A memoria non ricordo suoi precedenti in tal senso, ma credo sia evidente che l’artista abbia una propensione verso un certo tipo di soggetti (mi è capitato di vedere anche splendide illustrazioni di Iron Man gentilmente postate sulla sua pagina FB).

In definitiva, aspetto con ansia la parte finale della miniserie, realmente curioso di assistere alla piega che prenderanno gli eventi.  

 Guerriglia (Unconventional Warfare) da Thunderbolts #3

Ed eccoci infine giunti alle avventure dell’A-Team di casa Marvel. Il Generale Thaddeus “Hannibal” Ross (Hulk Rosso), insieme al suo curioso commando composto da Flash “Sberla” Thomson (Venom), il capitano Wade Wilson Murdock (Deadpool), l’immancabile Frank P.E. Castle (Punisher) e l’aggiunta di quella topa di Elektra (che tanto non guasta mai), sono occupati – in pieno stile telefilm anni ’80 – a spodestare regimi totalitari in giro per il mondo. Ogni tanto Deadpool fa il burlone, altre volte esplode un cervello, molte altre non succede proprio nulla. L’unico giudizio che mi sento di esprimere è che i disegni di Dillon sono di gran lunga la parte migliore della serie. E non aggiungo altro.

Detto questo, non posso fare altro che darvi appuntamento al mese prossimo per seguire – come sempre insieme – gli sviluppi delle tre serie principali di questa testata regolare di casa Panini. E mi raccomando: niente paura!

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